Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. (Mc 6, 1-6)
Chi torna in patria dopo aver vissuto a lungo all’estero, vive sentimenti contraddittori e ha molte sorprese. Il ricordo dei luoghi e delle persone è rimasto fermo al momento della sua partenza, ma la vita nel frattempo è andata avanti, molte cose sono cambiate, e lui stesso non è più quello di prima. Cerca di ricominciare dove aveva lasciato, di riallacciare i rapporti, ma le sue stesse parole non hanno più lo stesso significato. Anche se non possiamo interpretare il ritorno di Gesù al paese d’origine solo alla luce della psicologia comune, essa però ci aiuta a capire il conflitto che avviene a Nazaret. La sua assenza da casa è stata breve, ma in quel frattempo è enormemente cresciuta la sua attività per rivelare il Padre e la sua salvezza. Ma i suoi concittadini non possono capirlo. Nella loro mentalità conservatrice, essi continuano a vederlo con l’etichetta che gli hanno affibbiato da sempre: un giovane che aiuta il padre nel suo lavoro.
Chi vive una crescita spirituale, vive anche, inevitabilmente, uno strappo, un distacco dal suo ambiente: è una dinamica sana e naturale. Solo tramite un cammino ripetuto e prolungato nel tempo si arriva alla conoscenza delle cose, degli uomini e della natura. Ma se a un certo punto, siamo convinti di sapere tutto, e che nulla ormai può sorprenderci, siamo solo vittime dell’illusione. La realtà è piena di misteri. Vale per i minerali, per le piante, per gli animali e soprattutto per l’uomo. Il suo cuore ha una tale profondità che l’occhio non può vederne il fondo. Eppure ogni giorno commettiamo anche noi lo sbaglio dei cittadini di Nazaret verso Gesù, quando crediamo di conoscere le persone con le quali trattiamo nel quotidiano. Non ci interessano più, consideriamo banale quello che dicono, non le prendiamo sul serio. E così ci precludiamo la possibilità di conoscerli davvero. Se una persona che crediamo di conoscere smette di interessarci, non è per colpa sua, ma nostra, colpa di chi gli vive accanto. Bisogna fare molta attenzione, è una situazione che si crea frequentemente nelle famiglie, nel lavoro, con gli amici.
(cfr. T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno – Lindau – Vol III – p. 58-60)