Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: “Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?”. E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: “Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?”. Ed egli rispose: “Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”. I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: “In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”. Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: “Sono forse io, Signore?”. Ed egli rispose: “Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”. Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io?”. Gli rispose: “Tu l’hai detto” (Mt 26, 14.25).
Siamo giunti al compimento del cammino penitenziale della Quaresima e ci chiediamo se abbiamo corrisposto alla grazia della conversione personale al Signore che Egli stesso ci ha proposto facilitandone l’effettuazione.
Egli settimanalmente ci ha chiamato ad impegnarci, con il suo aiuto, a respingere le tentazioni del Nemico della natura umana, a desiderare di vivere la sua nuova vita umano-divina portando la croce con Lui e vincendo la paura e lo scoraggiamento. Per questo Gesù ci ha mostrato come la costante fiducia nella sua inesauribile e paziente misericordia non resta delusa. E Gesù stesso comunica il dono gratuito del Padre che abbraccia e bacia in festa il figlio peccatore pentito (cfr Lc 15,11-32) e garantisce sicurezza alla peccatrice di fronte ai suoi ipocriti accusatori che desistono dal condannarla riconoscendo, davanti a Lui, di essere anch’essi gravati dalla miseria del peccato (cfr Gv 8,1-11). Gesù non condanna nessuno, poiché Egli stesso è per tutti la Misericordia in persona. Ma pronuncia le solenni parole di andare e non peccare più, ossia fare buon uso della libertà.
Abbiamo acclamato Gesù nostro Re e Signore rivivendo l’entusiasmo delle folle un tempo a Gerusalemme. Oggi, Mercoledì Santo, abbiamo ancora tempo di esaminare il modo d’intendere la libertà per evitare la triste esperienza della folla che a Gerusalemme, dopo l’acclamazione dell’Osanna al Salvatore, gridò contro di Lui lo squallido “crucifigge” davanti al potere umano.
Giuda, disperato, si lasciò coinvolgere nella terribile ingiusta sentenza di morte emanata da Pilato. E tu? E lo stesso scrivente? Restiamo forse ancora a guardare perplessi, confusi, indecisi, chiusi nel nostro “io”, superficiali e inconcludenti? Il Salvatore accetta liberamente la morte per compiere il Sacrificio dell’Amore e cancellare le offese della superbia e della disubbidienza dei peccatori. Ci lasciamo ancora trascinare all’Inferno intrappolati o paralizzati dai peccati che pure sono stati cancellati dall’amore misericordioso del Salvatore sulla Croce?
Profittiamo piuttosto della grazia che il Padre ci dona, ancora una volta in questi giorni santi. Gesù ci perdona e con Lui gustiamo la libertà dell’amore, umile, ubbidiente e creativo.