In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene. (Mt 15, 29-37)
La compassione in Gesù
L’Europa conobbe tempi di carestie, epidemie e fame. Grandine, siccità alluvioni, terremoti, raccolti distrutti, carestia per gli uomini come per il bestiame. Catastrofi, purtroppo ne accadono anche oggi, ma i mezzi per limitare i disastri sono di ben altra portata. Ragion per cui non è accettabile che la maggior parte degli abitanti della terra soffra malnutrizione e che aumenti anziché diminuire il numero di coloro che muoiono di fame. Eppure, in un’epoca di voli spaziali, non dovrebbe essere un problema insormontabile trasportare soccorsi alimentari anche nei pesi più lontani dell’Africa o dell’Asia. Ma i popoli sazi hanno altra a cui pensare. Solo la compassione delle organizzazioni caritative internazionali riesce talvolta a costringere gli stati alla collaborazione. La compassione serve a quelli che la provano, più che a quelli verso i quali si prova. Infatti i primi prendono coscienza che ci si può salvare solo in unione d’amore con gli altri. Chi prova compassione, scopre la propria limitatezza e impotenza e constata che da solo non può far nulla per alleviare l’enorme miseria del mondo. Allora può finire per scoraggiarsi e chiudere tante relazioni, autogiustificandosi: “Cosa posso fare io da solo, se nemmeno le organizzazioni internazionali sono in grado di risolvere il problema?”.
Ma i miracoli succedono quando si dà qualcosa, quando si fa la propria piccola parte come sono i sette pani e i pochi pesciolini di questo brano di Matteo. Nella vita dei santi della carità – come santa Francesca Saverio Cabrini – essi hanno innescato un moto di carità organizzata, lì per lì insignificante, che ha poi coinvolto in modo prodigioso un numero incalcolabile di persone disposte al volontariato. Si sperimenta la promessa fatta da Cristo agli apostoli: “Chiunque di voi avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19, 29). Un proverbio Ceco dice: “Con la preghiera non arriverai in ritardo, con il digiuno non diventerai più magro, con l’elemosina non diventerai povero”. La compassione è un sentimento importante, è il segno naturale dell’unione fra gli uomini e della loro vocazione : vivificare il mondo. In Gesù, come nella Chiesa essa non è mai sterile, ma si trasforma in atti di carità consapevole. La compassione sterile indebolisce il carattere. Perciò è importante che diventi reale, anche solo con un piccolo atto simbolico di carità o anche solo dedicando una preghiera per chiedere l’aiuto di Dio verso chi è in difficoltà.