Lunedì 1 maggio 2023. L’auspicio del Papa per l’Europa del futuro. E davanti all’icona mariana presente sull’altare ricorda l’atto di consacrazione al Cuore immacolato di Maria
di Michele Brambilla
Nell’omelia che Papa Francesco pronuncia il 30 aprile in piazza Kossuth Lajos a Budapest, dove si trova in visita apostolica, si mettono in evidenza queste parole del Signore: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Esse offrono le coordinate per meditare sulla vocazione dei singoli cattolici, dato che «all’inizio della nostra storia di salvezza non ci siamo noi con i nostri meriti, le nostre capacità, le nostre strutture; all’origine c’è la chiamata di Dio, il suo desiderio di raggiungerci, la sua sollecitudine verso ciascuno di noi».
Proprio per questo «sentiamo la gioia di essere popolo santo di Dio: tutti noi nasciamo dalla sua chiamata; è Lui che ci ha convocati e per questo siamo suo popolo, suo gregge, sua Chiesa. Ci ha radunati qui affinché, pur essendo tra noi diversi e appartenendo a comunità differenti, la grandezza del suo amore ci riunisca tutti in un unico abbraccio. È bello trovarci insieme: i Vescovi e i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici; ed è bello condividere questa gioia insieme alle Delegazioni ecumeniche, ai capi della Comunità ebraica, ai rappresentanti delle Istituzioni civili e del Corpo diplomatico. Questa è cattolicità: tutti noi, chiamati per nome dal buon Pastore, siamo chiamati ad accogliere e diffondere il suo amore, a rendere il suo ovile inclusivo e mai escludente», evidenzia con forza il Santo Padre.
«Dopo aver chiamato le pecore, il Pastore “le conduce fuori” (Gv 10,3). Prima le ha fatte entrare nell’ovile chiamandole, ora le spinge fuori. Prima veniamo radunati nella famiglia di Dio per essere costituiti suo popolo, poi però siamo inviati nel mondo affinché, con coraggio e senza paura, diventiamo annunciatori della Buona Notizia, testimoni dell’Amore che ci ha rigenerati», pertanto non vuole sentir parlare di porte chiuse, né nella società, né tantomeno nella Chiesa. «Fratelli e sorelle, per favore, per favore: apriamo le porte! Cerchiamo di essere anche noi – con le parole, i gesti, le attività quotidiane – come Gesù: una porta aperta, una porta che non viene mai sbattuta in faccia a nessuno», chiede Francesco.
«Il Cardinale Erdő ha detto che qui si vive “al confine orientale della cristianità occidentale da mille anni”», evidenzia il Papa. Una frontiera che è da sempre un interscambio culturale e che è tornata a giocare un ruolo storicamente molto rilevate proprio in questi mesi di guerra tra Russia e Ucraina.
«Ci rivolgiamo ora alla Madonna. A lei, Magna Domina Hungarorum, che invocate come Regina e Patrona, affido tutti gli ungheresi», dice il Santo Padre ponendosi davanti alla grande icona mariana che orna l’altare della celebrazione per il Regina Coeli. «E da questa grande città e da questo nobile Paese vorrei riporre nel suo cuore la fede e il futuro dell’intero Continente europeo, a cui ho pensato in questi giorni, e in modo particolare la causa della pace. Santa Vergine, guarda ai popoli che più soffrono. Guarda soprattutto al vicino martoriato popolo ucraino e al popolo russo, a te consacrati», richiamando ancora una volta la consacrazione al Cuore immacolato di Maria del 25 marzo 2022. Infatti «Tu sei la Regina della pace, infondi nei cuori degli uomini e dei responsabili delle Nazioni il desiderio di costruire la pace, di dare alle giovani generazioni un futuro di speranza, non di guerra; un avvenire pieno di culle, non di tombe; un mondo di fratelli, non di muri».