Domenica 21 gennaio 2024. Il Giubileo del 2025 si prepara con la missione e l’Anno della preghiera
di Michele Brambilla
Come spiega Papa Francesco nel discorso per l’Angelus del 21 gennaio, «il Vangelo oggi narra la vocazione dei primi discepoli (cfr Mc 1,14-20). Quella di chiamare altri a unirsi alla sua missione è una delle prime cose che Gesù compie all’inizio della vita pubblica: si avvicina a dei giovani pescatori e li invita a seguirlo per “diventare pescatori di uomini”», evidenzia il Pontefice, per il quale «questo ci dice una cosa importante: il Signore ama coinvolgerci nella sua opera di salvezza, ci vuole attivi con Lui, ci vuole responsabili e protagonisti» della missione evangelica.
Il Santo Padre ribadisce che «un cristiano che non è attivo, che non è responsabile nell’opera dell’annuncio del Signore e che non è protagonista della sua fede non è un cristiano o, come diceva mia nonna, è un cristiano “all’acqua di rose”». «Di per sé Dio non avrebbe bisogno di noi» per portare avanti la sua opera, essendo onnipotente, ma il Signore cerca ugualmente la cooperazione umana. «Guardiamo ad esempio a quanta pazienza ha avuto con i discepoli: spesso non comprendevano le sue parole (cfr Lc 9,51-56), a volte non andavano d’accordo tra loro (cfr Mc 10,41), per molto tempo non riuscivano ad accogliere degli aspetti essenziali della sua predicazione, per esempio il servizio (cfr Lc 22,27). Eppure Gesù li ha scelti e ha continuato a credere in loro», ovvero nel loro essere capaci, benché peccatori, di testimoniare il Signore.
Il Pontefice insiste a dire che «questo è importante, il Signore ci ha scelto per essere cristiani», cioè missionari per definizione, e questo viene prima delle nostre eventuali debolezze. Non pretende la perfezione, ma la stessa capacità di amare e donarsi agli altri che ha Lui. «In effetti, portare la salvezza di Dio a tutti è stata per Gesù la felicità più grande, la sua missione, il senso della sua esistenza (cfr Gv 6,38) o, come dice Lui, il suo cibo (cfr Gv 4,34). E in ogni parola e azione con cui ci uniamo a Lui, nella bellissima avventura di donare amore, la luce e la gioia si moltiplicano (cfr Is 9,2): non solo attorno a noi, ma anche in noi. Annunciare il Vangelo, dunque, non è tempo perso: è essere più felici aiutando gli altri a essere felici», ripete il Santo Padre.
Pochi lo ricordano, ma «i prossimi mesi ci condurranno all’apertura della Porta Santa, con cui daremo inizio al Giubileo. Vi chiedo di intensificare la preghiera per prepararci a vivere bene questo evento di grazia e sperimentarvi la forza della speranza di Dio. Per questo iniziamo oggi l’Anno della preghiera, cioè un anno dedicato a riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera nella vita personale, nella vita della Chiesa e del mondo», perché non c’è azione apostolica senza contemplazione.
Ogni Giubileo porta con sé il tema della riconciliazione dell’uomo con Dio e dei nemici tra di loro (l’indulgenza plenaria e la ricerca di “tregue di Dio” tra i contendenti appartengono, infatti, alla tradizione giubilare fin dal primo Anno Santo, nel 1300), pertanto «in questi giorni preghiamo specialmente per l’unità dei cristiani e non stanchiamoci di invocare il Signore per la pace in Ucraina, in Israele e in Palestina, e in tante altre parti del mondo».