Mercoledì 18 ottobre 2023. Il Papa frappone tra i contendenti della “terza guerra mondiale a pezzi” un’altra giornata speciale di preghiera, offrendo come modello di fraternità umana san Charles de Foucauld
di Michele Brambilla
L’udienza del 18 ottobre presenta il modello di san Charles de Foucauld (1858-1916), che fece, dice Papa Francesco, «di Gesù e dei fratelli più poveri la passione della sua vita». Lo aveva già citato nella Fratelli tutti (n.286).
«E qual è stato il “segreto” di Charles de Foucauld, della sua vita? Egli, dopo aver vissuto una gioventù lontana da Dio, senza credere in nulla se non alla ricerca disordinata del piacere, lo confida a un amico non credente, a cui, dopo essersi convertito accogliendo la grazia del perdono di Dio nella Confessione, rivela la ragione del suo vivere. Scrive: “Ho perso il mio cuore per Gesù di Nazareth”» e, si sa, chi “guadagna” Cristo conquista il mondo intero, perché scopre che ogni uomo è un fratello per il quale il Signore ha dato la vita.
«Credo che oggi sarebbe bello che ognuno di noi si domandi: Io, ho Gesù al centro del cuore? Ho perso un po’ la testa per Gesù?», chiede il Papa. «Charles sì, al punto che passa dall’attrazione per Gesù all’imitazione di Gesù. Consigliato dal suo confessore, va in Terra santa per visitare i luoghi in cui il Signore ha vissuto e per camminare dove il Maestro ha camminato. In particolare è a Nazaret che comprende di doversi formare alla scuola di Cristo. Vive un rapporto intenso con il Signore, passa lunghe ore a leggere i Vangeli e si sente suo piccolo fratello. E conoscendo Gesù, nasce in lui il desiderio di farlo conoscere», lo zelo missionario. Sceglie per sé la vita dell’eremita in Africa, nelle terre dei Tuareg. Innamorato dell’Eucaristia, cioè della presenza sacramentale, qui ed ora, dello stesso Gesù Cristo, «Charles lascia che sia Gesù ad agire silenziosamente, convinto che la “vita eucaristica” evangelizzi. Crede infatti che Cristo è il primo evangelizzatore. Così sta in preghiera ai piedi di Gesù, davanti al tabernacolo, per una decina di ore al giorno, certo che la forza evangelizzatrice sta lì e sentendo che è Gesù a portarlo vicino a tanti fratelli lontani». Scrive che «ogni cristiano è apostolo» ed evidenzia che «vicino ai preti ci vogliono dei laici che vedono quello che il prete non vede, che evangelizzano con una vicinanza di carità, con una bontà per tutti, con un affetto sempre pronto a donarsi», come fece poi san Giovanni Paolo II (1920-2005), di cui il Santo Padre ripete «l’appello a spalancare le porte a Cristo» nel 45° anniversario dell’elezione (1978).
Ce ne è abbastanza per definire san Charles un precursore dell’ottica missionaria uscita dal Concilio Vaticano II (1962-65), sottolinea il Pontefice. Il fortissimo legame con la Terra Santa e la scelta di svolgere il proprio ministero tra i musulmani conducono inevitabilmente a parlare di quanto sta succedendo proprio in Medio Oriente. «Anche oggi il pensiero va in Israele e in Palestina. Le vittime aumentano e la situazione a Gaza è disperata. Si faccia, per favore, tutto il possibile per evitare una catastrofe umanitaria», perché «inquieta il possibile allargamento del conflitto, mentre nel mondo tanti fronti bellici sono già aperti. Tacciano le armi! Si ascolti il grido di pace dei popoli, della gente, dei bambini», esclama Francesco indicendo per il 27 ottobre una nuova giornata universale di preghiera e digiuno. «Quella sera alle ore 18.00 in San Pietro vivremo, in spirito di penitenza, un’ora di preghiera per implorare sui nostri giorni la pace, la pace in questo mondo. Chiedo a tutte le Chiese particolari di parteciparvi, predisponendo iniziative simili che coinvolgano il Popolo di Dio».