Domenica 3 marzo 2024. La cacciata dei mercanti dal Tempio di Gerusalemme ci ricorda che, nella vita, non tutto è commercializzabile, in particolare il nostro rapporto con il Signore
di Michele Brambilla
Come osserva Papa Francesco all’inizio dell’Angelus del 3 marzo, «oggi il Vangelo ci mostra una scena dura: Gesù che scaccia i mercanti dal tempio», con il monito a non trasformare la Casa del Padre in un mercato.
Ne nasce una certa contrapposizione tra il concetto di “casa” e quello di “mercato”, dato che «nel tempio inteso come mercato» era sufficiente «comprare, pagare, consumare, e poi ciascuno a casa sua», nel senso privatistico del termine, ovvero tenendo rigorosamente separati il “mondo della preghiera” dalla vita quotidiana. «Nel tempio inteso invece come casa succede il contrario: si va per incontrare il Signore, per stare uniti a Lui, stare uniti ai fratelli, per condividere gioie e dolori», come si fa in famiglia. A chi è cresciuto in oratorio verrà certamente in mente una vecchia canzoncina: «Mattone su mattone, viene su la grande casa: è il Signore che ci vuole abitar con te». La nostra vita è edificata per Cristo, con Cristo e in Cristo, come dice la stessa liturgia.
«E Gesù oggi è duro perché non accetta che il tempio-mercato si sostituisca al tempio-casa, non accetta che la relazione con Dio sia distante e commerciale anziché vicina e fiduciosa, non accetta che i banchi di vendita prendano il posto della mensa familiare, che i prezzi vadano al posto degli abbracci e le monete prendano il posto delle carezze», insiste il Pontefice. «E perché Gesù non accetta questo? Perché così si crea una barriera tra Dio e l’uomo e tra fratello e fratello, mentre Cristo è venuto a portare comunione, a portare misericordia, cioè perdono, a portare vicinanza», a costruire, insomma, i famosi “ponti” e non i “muri”.
«L’invito oggi, anche per il nostro cammino di Quaresima, è a fare in noi e attorno a noi più casa e meno mercato», impedire che la logica mercantile inquini i nostri rapporti, anzitutto quello prioritario con Dio.
Molto estesa la parte dei saluti. Anzitutto «porto quotidianamente nel cuore, con dolore, la sofferenza delle popolazioni in Palestina e in Israele, dovuta alle ostilità in corso. Le migliaia di morti, di feriti, di sfollati, le immani distruzioni causano dolore, e questo con conseguenze tremende sui piccoli e gli indifesi». Rivolgendosi ad entrambi i contendenti, il Papa si domanda se «davvero si pensa di costruire un mondo migliore in questo modo», pertanto «incoraggio a continuare i negoziati per un immediato cessate-il-fuoco a Gaza e in tutta la regione, affinché gli ostaggi siano subito liberati e tornino dai loro cari che li aspettano con ansia, e la popolazione civile possa avere accesso sicuro ai dovuti e urgenti aiuti umanitari. E per favore non dimentichiamo la martoriata Ucraina, dove ogni giorno muoiono tanti».
In linea con quanto sostenuto in merito alla Terra Santa e all’Ucraina, il Santo Padre ricorda che «il 5 marzo ricorre la seconda Giornata internazionale per la consapevolezza sul disarmo e la non proliferazione. Quante risorse vengono sprecate per le spese militari che, a causa della situazione attuale, continuano tristemente ad aumentare». Plaude quindi all’iniziativa della Comunità di S. Egidio, che ha convocato a Roma giovani ucraini attorno allo slogan «“Vinci il male con il bene. Preghiera, poveri, pace”. Cari giovani, grazie per il vostro impegno a favore di chi più soffre per la guerra», aggiunge il Pontefice.