Sabato 1 giugno 2024

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?».
Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo».
E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose» (Marco 11,27-33).


Il Vangelo della Santa Messa di oggi riporta la prima delle cinque dispute di Gesù Cristo con i suoi avversari, i quali gli chiedono conto e ragione del suo intervento del giorno precedente, con cui aveva sconvolto il loro pseudo-ordine stabilito nel Tempio. Forse si attendevano una risposta che avesse loro consentito di accusarlo presso i Romani come sobillatore. Gesù però desidera che essi riflettano attentamente e arrivino a credere in lui, che è principio e fondamento di ogni vero ordine. Per questo condiziona la sua risposta a quella che daranno alla sua domanda sull’origine del battesimo di Giovanni, che tutti riconoscevano vero profeta e che, a sua volta, aveva già proclamato Gesù come Messia (cfr. Mc 1,7s.),

In realtà gli stessi membri del sinedrio, che avevano posto la domanda, riflettono e capiscono qual è la giusta risposta da dare, ma non vogliono compromettersi affermando la verità che conoscono. Dichiarano dunque diplomaticamente di non saperlo. A Gesù non resta che lasciarli alla responsabilità della loro coscienza, affinché si convincano, nel tempo che ancora sarà dato loro per osservare tutta la sua vita fino alla croce, di essere leali e liberi dall’invidia, dalla prevenzione e dal pregiudizio. Finché resteranno ingombrati dai preconcetti che si portano dentro, la risposta di Gesù risulterebbe vana per loro e, in realtà, anche un chiarimento inutile. Infatti per chi è maldisposto ogni discorso risulta sterile e inconcludente.

Lo vediamo anche noi oggi nell’opera di evangelizzazione catechistico-culturale che siamo chiamati a svolgere a vario titolo a servizio del nostro prossimo, sia dentro la Chiesa che fuori, verso i non cristiani. Fra noi cristiani, che dobbiamo vivere la gioia del Vangelo, persiste la tentazione di sminuire le esigenze della verità, con l’illusione di cedere alla mentalità del mondo per non perdere quello che abbiamo di buono. Questa non è la giusta attenzione da avere con chi ha bisogno di riscoprire l’importanza della fede.

In questo caso, certo partendo, con la pazienza necessaria, dal punto in cui si trova il nostro interlocutore cristiano e facendo leva sul coagulo della fede che dice di avere, bisogna piuttosto incoraggiarlo alla conversione effettiva e alla riforma di vita. La gioia poi con cui dobbiamo annunciare il Vangelo ai non cristiani è spesso già impedita in partenza dalla strana opinione secondo cui ognuno si salva nella sua verità personale, senza la necessità di essere informato, per un retta coscienza, dell’esistenza di una morale oggettiva e neanche della proposta della conversione a Cristo, che è venuto come Salvatore per rinnovarci con il perdono della sua misericordia e verrà di nuovo alla fine del mondo per giudicare i vivi e i morti per la felicità o la condanna eterna.

Pertanto, chiediamo quotidianamente al Signore il dono di una fede viva e integra, per cui ci uniamo spontaneamente a lui con amore, nel desiderio di imitarlo con tutte le nostre facoltà. Pervasi da questa nuova umanità, alimentata dalla grazia dell’amore di Gesù e di Maria dentro di noi, potremo meglio vivere l’impegno missionario della nuova evangelizzazione, ad intra e ad extra. Ai vicini e ai lontani offriamo dunque il buon servizio educativo alla fede secondo le intenzioni affidate dal Papa e dai vescovi italiani per il mese di maggio appena trascorso: con i primi diventiamo testimoni credibili del Vangelo e con i lontani sappiamo definire spazi di incontro e dialogo libero e fraterno per raggiungere il fine della conversione. San Giustino martire (100-163/167), efficace apologeta nel dialogo con i pagani nelle sue “tavole rotonde” a Roma, del quale oggi la Chiesa celebra la memoria, ci aiuti, soprattutto con la sua preghiera, a far conoscere Gesù a quanti ancora non credono in lui.

 

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