In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». (Gv 6, 37-40)
E’ diffusa tra i fedeli una frase che San Paolo VI° disse ad un ragazzino che piangeva per la morte dell’amato padre: “Non preoccuparti: tornerai a incontrarti con lui in cielo”. Il Cristo asceso al cielo, Maria Vergine che ha seguito il figlio suo, i corpi incorrotti dei grandi santi mistici sono dimostrazioni molto eloquenti di ciò che ci attende. Risorge alla fine dei tempi il corpo di chi ha amato Gesù per riunirsi all’anima, che già si è portata verso di Lui che invita a Sé. Il corpo sarà rivestito di gloriosa bellezza, privo del peso del peccato originale. Il Padre del cielo dice sempre a noi le stesse parole di Paolo VI°: “Non preoccupatevi: nulla andrà perduto, ma tutto sarà ritrovato e trasfigurato, come quando una bella cosa appare ancora più bella, perché si ha il cuore colmo di gioia”. Possiamo anche aggiungere che la vita eterna, proprio perché è una immersione nella vita stessa di Dio, avrà il carattere di una perenne novità. Sarà un progredire incessante nella verità e nell’amore, un conquistare e un ricercare, passando di cominciamento in cominciamento, senza che mai questa avventura beatificante possa esaurirsi.
C’è però un’ombra che può offuscare la contemplazione della vita futura, legata al giudizio e al castigo eterno. Due motivi di fondo devono farci ben sperare. Dio è Padre, è privo di qualunque tendenza alla vendetta e alla crudeltà. Il padre che accoglie con gioia il figlio perduto, non è il Dio delle minacce e delle paure. Richiama il peccatore in modo irresistibile, con santa perseveranza, come solo Lui sa fare, fino a porlo innanzi alla disperazione di chi sta perdendo il cielo, perché ravveda la propria autosufficienza e riconosca di essere figlio.
Il secondo motivo è la fiducia data dalla solidarietà con i fratelli e le sorelle che ci hanno preceduto e ci guardano con gli occhi stessi di Dio. Dalla sponda dell’invisibile ci mandano silenziosi messaggi per orientare il nostro cammino e noi, a nostra volta, possiamo aiutarli nel loro consegnarsi alla misericordia di Dio. Questa grande solidarietà, che nel linguaggio della Chiesa prende il nome di comunione dei santi, è ben significata da quei piccoli cimiteri che in certi paesi del nord Europa, si stringono attorno alla chiesa, per cui si passa attraverso le tombe per entrare in chiesa. Il simbolismo è molto espressivo e penetrante. Si va a Dio passando per la morte. Ci si presenta all’altare di Dio facendo memoria dei nostri morti e accompagnati dai nostri morti. “Vado a prepararvi un posto” ha detto un giorno Gesù. Amo pensare che anche i nostri morti siano impegnati a preparaci un posto che, in realtà, non è un posto, ma un abbraccio, due mani pronte ad accoglierci in un gesto di tenerezza, una festa grande con il Padre che a tutti confida la sua gioia dicendo: “Questo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.