Sabato 20 luglio 2024

In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui
e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni». (Mt 12, 14-21)


Il primo dei quattro “Canti del Servo sofferente“, del profeta Isaia presenta il servo come un profeta, oggetto di una missione e una predestinazione divina, animato dallo Spirito, per insegnare a tutta la terra con discrezione e fermezza, malgrado le opposizioni. Ma la sua missione supera quella degli altri profeti, poiché egli stesso è alleanza e luce e compie un’opera di liberazione e di salvezza. È forse la più esplicita profezia dell’Antico Testamento su Cristo, sulla sua missione e sulla sua passione.

L’esegeta protestante Dielitz scrive che è come se Isaia (VIII° sec A.C.) fosse stato testimone oculare dalla morte del Signore sul Calvario. Il grande sant’Agostino si domandava in modo stupito: è ancora profezia o è Vangelo?

Vengono citati solo i primi quattro versetti del cantico del servo, dove è richiamata la giustizia. Nell’antico Israele era spesso invocata come liberazione dagli oppressori, per cui nei salmi gli israeliti chiamavano Dio per venire a giudicarli (Sal 7, 9). Tutti desideriamo giustizia e invece spesso facciamo esperienza della sua assenza in questo mondo. Nell’Antico Testamento si parla dell’esistenza di una giustizia superiore, cioè ultraterrena, di cui si parla anche in apologetica, come argomento difensivo e ragionevole sull’esistenza di Dio; ma se ne parla anche come: Giustizia Divina discesa sulla terra, nella persona stessa del Messia, che viene a ristabilire la pace.

Troviamo ampia descrizione nel testo di Matteo, grazie a cinque attributi comportamentali del modo di agire del Messia: “Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta“ (Is 42, 2-3). Per realizzare la giustizia, civilmente, si utilizzano deterrenti punitivi, dalle pene pecuniarie alla prigione; comunque si tratta sempre di mezzi violenti. Spesso siamo all’opposto di ciò che è ristabilire giustizia e pace nel cuore di un peccatore, come solo sa fare il perdono e la misericordia di Gesù Cristo.

Gli uomini saggi cercano di trovare la via di mezzo. Solo Dio riesce a fondere le due posizioni senza sminuirne nessuna: punisce il male e nello stesso tempo la sua misericordia è infinita. Così sarà anche l’ultimo Giudizio, quando il Messia verrà a giudicare i vivi e i morti. Per noi è difficile mettere in pratica una giustizia misericordiosa, però dovrebbe essere il nostro ideale: fare giustizia senza violenza. Ciò può avvenire percorrendo la via della bellezza dell’anima che si riverbera nella seducente pace che emana dal volto di chi cerca Gesù e Maria.

 

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