Domenica 28 aprile 2024. Il Papa compie la visita al patriarcato di Venezia sotto il segno del motto Rimanere nell’amore di Cristo. Nei saluti del Regina Coeli non dimentica la difficile situazione di Haiti
di Michele Brambilla
La mattina del 28 aprile Papa Francesco visita Venezia. Tre le tappe: il carcere, i giovani davanti alla basilica della Salute e, in piazza S. Marco, la Messa. Ci concentriamo sulla Messa e il Regina Coeli.
Nell’omelia per la Messa il Papa ricorda che «Gesù è la vite, noi siamo i tralci. E Dio, il Padre misericordioso e buono, come un agricoltore paziente ci lavora con premura perché la nostra vita sia ricolma di frutti». Il motto della visita, Rimanere nell’amore di Cristo, è tratta dalla pagina di Vangelo in cui Gesù prega in questo modo: «Rimanete in me e io in voi. […] Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto» (Gv 15,4).
«Gesù sta per concludere la sua missione terrena. Nell’Ultima Cena con quelli che saranno i suoi apostoli, Egli consegna loro, insieme con l’Eucaristia, alcune parole-chiave. Una di esse è proprio questa: “rimanete”», cioè «mantenete vivo il legame con me, restate uniti a me come i tralci alla vite». Già l’Antico Testamento utilizzava questo paragone: «Israele è la vigna che il Signore ha piantato e di cui si è preso cura. E quando il popolo non porta i frutti d’amore che il Signore si attende, il profeta Isaia formula un atto di accusa utilizzando proprio la parabola di un agricoltore che ha dissodato la sua vigna, l’ha ripulita dai sassi, vi ha piantato viti pregiate aspettandosi che producesse vino buono».
Il Signore, quindi, ha cura di noi come l’agricoltore fa con la sua vigna, «ma la metafora uscita dal cuore di Gesù può essere letta anche pensando a questa città costruita sulle acque, e riconosciuta per questa sua unicità come uno dei luoghi più suggestivi al mondo». Venezia è inconcepibile senza l’acqua e «così è pure la nostra vita: anche noi, immersi da sempre nelle sorgenti dell’amore di Dio, siamo stati rigenerati nel Battesimo, siamo rinati a vita nuova dall’acqua e dallo Spirito Santo e inseriti in Cristo come i tralci nella vite». Il Papa rammenta che «il Beato Giovanni Paolo I, quando era Patriarca di questa città, disse una volta che Gesù “è venuto a portare agli uomini la vita eterna […]”. E continuava: “Quella vita sta in lui e da lui passa ai suoi discepoli, come la linfa sale dal tronco ai tralci della vite. Essa è un’acqua fresca, che egli dà, una fonte sempre zampillante” (A. Luciani, Venezia 1975-1976. Opera Omnia. Discorsi, scritti, articoli, vol. VII, Padova 2011, 158)».
«Il frutto dei tralci in cui scorre la linfa è l’uva, e dall’uva proviene il vino, che è un segno messianico per eccellenza. Gesù, infatti, il Messia inviato dal Padre, porta il vino dell’amore di Dio nel cuore dell’uomo e lo riempie di gioia, lo riempie di speranza», prosegue Francesco. Proprio «restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo».
Nei saluti del Regina Coeli il Santo Padre, senza dimenticare l’Ucraina, la Terra Santa e i profughi Rohingya, dedica un lungo paragrafo ad Haiti, «dove è in vigore lo stato di emergenza e la popolazione è disperata per il collasso del sistema sanitario, la scarsità di cibo e le violenze che spingono alla fuga. Affidiamo al Signore i lavori e le decisioni del nuovo Consiglio Presidenziale di Transizione, insediatosi giovedì scorso a Port-au-Prince».