Venerdì 13 settembre 2024

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». (Lc 6, 39-42)


Se ci teniamo a dimostrare che una strada è praticabile, certamente la percorriamo prima noi, senza scansare alcun ostacolo. Solo così ci si guadagna il diritto di proporre ad altri di tentare insieme. Le uniche guide affidabili sono quelle prive di supponenza, così umili da riconoscere che la loro esperienza è proprio consumata, cioè sciupata dall’uso, non più idonea a situazioni nuove, perché i problemi non sono più gli stessi di ieri. Una guida è sicura quando non si sente l’unica autorizzata o infallibile. Gesù ci chiede di impegnare il nostro cuore, la nostra vita e il nostro portafoglio. Cioè di rischiare le nostre mani e i nostri passi. Per portare a termine un’impresa occorre cominciarla, e fare la propria parte a partire da sé stessi. L’esordio non avviene direttamente sul palcoscenico ma nelle pareti di casa nostra, nel quotidiano si inizia a vivere la fede con coerenza.

Il libro del Siracide mette in guardia e esorta ad afferrare il vaglio della nostra vita: “Quando si agita un vaglio, restano i rifiuti; così quando un uomo riflette, gli appaiono i suoi difetti” (Sir 27, 4-7). Questi sono per noi. I frutti buoni sono offerti agli altri. Certo questa frase fa riflettere. Dalla riflessione profonda e onesta appaiono i nostri difetti. Se vedessimo solo quelli degli altri, allora stiamo quanto meno ragionando male. Usiamo male gli occhi e la nostra mente. “Non lodare un uomo prima che abbia parlato perché questa è la prova degli uomini” (Sir 27, 7). Dalle parole di una persona emerge sempre il cuore; cioè, ciò che veramente lo anima. Prima di lodare e dar fiducia ad una persona è prudente aspettare ancora un po’ e dargli il tempo di produrre qualche fatto concreto, che spiega meglio la vita di una persona, anche senza parole.


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