In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». (Lc 21, 29-33)
“Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.” Premetto che Luca non è un buon botanico. Tutte le piante in Palestina sono sempreverdi, tranne il fico che perde le foglie d’inverno ed è molto riconoscibile. Gesù sembra dare la chiave di lettura per discernere la sua venuta. E per farlo usa l’immagine del fico. È una scelta familiare per chi lo ascolta, ma è anche la pianta che germoglia e porta frutto senza passare attraverso la fioritura. Il fico non ha nessuna apparente bellezza, ma produce frutti buonissimi. È così anche per il legno della croce, per quell’esperienza che Gesù è venuto ad inaugurare: non ha nessuna bellezza apparente, eppure è l’unica che porta frutti veri e duraturi. C’è una particolare insistenza di Gesù nell’aprire gli occhi, nel vedere, nell’accorgersi. L’ultimo miracolo che ha compiuto prima di queste parole riguarda proprio la guarigione del cieco. Luca sembra suggerire che la fede ci aiuta a guardare finalmente le cose per ciò che sono e non per ciò che a noi appaiono. La parabola del fico è emblematica perché è una pianta che non ha manifestazioni forti, non perde le foglie d’inverno in Israele, non produce fioritura manifesta, ma porta frutti saporosi. Non si coglie granché lì per lì, ma essendo senza foglie, appena germoglia si possono vedere i primissimi spunti fogliare, che stanno ad indicare che la primavera è iniziata. Dura soltanto venti giorni, poi splende il caldissimo sole estivo. Vanno molto ben sfruttati dai contadini. Bisogna essere osservatori appassionati, proprio come le verità della fede prevedono di non fermarsi all’immediato. Vedere la verità di qualcosa ci dispone anche a fare delle scelte conseguenti. Ma a noi piace sempre pensare che non toccano a noi le scelte, ma a qualcuno altro, magari al successivo. Pensiamo, ad esempio, che non riguarda noi il problema della terra ferita, delle guerre irrisolte, delle situazioni di ingiustizia. Pensiamo sempre che ciò che conta, e con ciò anche la possibilità di fare i conti, riguardi altri. Ma Gesù è chiaro: “In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Questo è un passo difficile da interpretare. Gesù non dice nulla del “quando” accadranno certi fatti. Ma sembra che voglia predisporre al versetto successivo, dove parla della vigilanza al presente. Siamo noi la generazione a cui Gesù sta rivolgendo questo invito. A noi quindi comprendere e agire. Ogni uomo e ogni epoca si ritrova rivolta questa Parola che gli è costantemente contemporanea. Il Vangelo riguarda sempre il presente e non un futuro prossimo o remoto. Gesù mi parla oggi e chiede che nell’oggi io faccia la differenza. Allora se non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, non c’è peggior cieco di chi non distoglie lo sguardo da ciò che ha davanti.